giovedì 30 giugno 2011

(MANOVRA ECONOMICA) CESA: "GOVERNO IRRESPONSABILE, IN BALLO LE SORTI DELL'ITALIA"


L'Unione di Centro ha proposto la ricetta vincente per rilanciare il Paese. Ma l'esecutivo fa orecchie da mercante, pensano solo a salvarsi la poltrona. Dobbiamo lavorare a un'alternativa credibile a questo governo e a un bipolarismo che ha fallito tutto.

Una manovra balneare fatta da un governo balneare. Non si può definire altrimenti il provvedimento che verrà licenziato nelle prossime ore dal governo, almeno a sentire le prime anticipazioni sui suoi contenuti. Finora infatti, è bene chiarirlo, stiamo ragionando su qualcosa che ancora non c'è. Quel poco che sappiamo di questa manovra ci basta però a capirne con chiarezza l'impostazione, la stessa che ha contraddistinto l'azione di questo governo in tre anni di legislatura: un intervento, così si potrebbe semplificare, che ha poco di economico e molto di politico. Una manovra irresponsabile, che contrasta con qualsiasi logica economica, perché fondata su una scelta politica scorretta, egoista e di comodo: rimandare gran parte degli interventi al 2013, mettere la testa sotto la sabbia e scaricare ad altri - probabilmente ad un governo diverso da questo, ogni genere di responsabilità. Una scelta egoista, dicevo, che salverà pura la risicata maggioranza di Berlusconi in Parlamento e darà fiato ai sondaggi della maggioranza, ma che espone il Paese e i suoi cittadini a un rischioso salto nel buio. Perché se è vero che gli italiani andranno al voto nel 2013 e solo allora potranno esprimere un giudizio su quanto fatto dall'attuale Esecutivo, è altrettanto vero che i mercati internazionali saranno 'i primi elettori' chiamati a giudicare questa manovra. Da domani, o al più tardi tra qualche giorno, daranno il loro responso, che tutto lascia pensare sarà estremamente negativo, con il rischio di un ulteriore contraccolpo per i nostri conti pubblici e per la situazione economica del Paese.

Nel merito di questa manovra, il governo conosceva bene quali fossero le richieste dell'UdC. Avevamo chiesto un'assunzione di responsabilità chiara di fronte alla crisi che attraversa i mercati internazionali, che colpisce il nostro tessuto economico-sociale e che dopo aver travolto la Grecia rischi di bussare prepotentemente anche alla nostra porta. Avevamo chiesto al governo, anche di fronte a quanta decisione stiano dimostrando altri Paesi europei davanti alla crisi, tutto il coraggio che non aveva dimostrato in questi tre anni: perché fosse capaci di portare all'attenzione del Parlamento norme dure, anche impopolari, che dessero uno shock positivo, con risparmi veri e non tagli lineari, per consentire un colpo di reni alla nostra economia. Avevamo indicato per tempo le nostre priorità: famiglie, imprese e giovani. Nei confronti delle prime, questo governo sta dimostrando non solo un irresponsabile disinteresse, ma anche una profonda ingratitudine. Perché se l'Italia ha retto nei momenti più drammatici la crisi, questo lo si deve proprio al grande contributo dei nuclei familiari, capaci di dare coraggiosamente fondo ai loro risparmi accumulati in una vita per sopperire alle carenze del governo: ad esempio, mantenendo in casa e sostenendo economicamente un giovane disoccupato, un anziano non autosufficiente o un disabile lasciato senza assistenza. Il "fattore famiglia", provvedimento già in uso in altre realtà europee che permette a chi ha più figli o situazioni di difficoltà in casa di pagare meno tasse, è stato solo annunciato e talvolta strumentalmente rispolverato per ventilare un nostro avvicinamento alla maggioranza che non c'è mai stato. In secondo luogo le imprese: perché il nostro Paese ha in queste realtà, specie piccole e medie, la sua più grande ricchezza produttiva. Non è un mistero che molte di esse abbiano chiuso per non riaprire più, stiano chiudendo ancora oggi o siano costrette a drastici ridimensionamenti e licenziamenti. Infine la questione giovanile, che rappresenta forse il più grande problema dei nostri tempi. Oggi 65mila ragazzi all'anno, quasi tutti laureati, vanno all'estero in cerca di opportunità che in questo Paese non hanno. Come se ogni anno città come Viterbo o Savona sparissero dalla nostra cartina geografica. Quello che dovrebbe essere il nostro vero tesoretto per il futuro, una forza di idee e voglia di fare da custodire gelosamente, va invece ad arricchire i Paesi nostri concorrenti o resta in Italia solo per lavori precari e senza le possibilità di costruirsi una famiglia, di avere una casa di proprietà e di poter progettare il futuro.

Erano e sono queste le nostre priorità, da accompagnare a una politica di riduzione drastica del debito pubblico, che questo Governo ha fatto aumentare fino al 120% del Pil. E poi avviare subito il risanamento che l'Europa ci chiede avendo il coraggio di chiedere sacrifici, ma mettendo in campo anche una serie di azioni per il rilancio dell'economia. Intervenendo se necessario anche sulla tassazione delle rendite finanziarie per trovare i soldi necessari a dare respiro a famiglie e fasce deboli. E ancora, rilanciare il percorso delle liberalizzazioni, il taglio di enti inutili come le province, la revisione immediata del patto di stabilità per i Comuni virtuosi che potrebbero fari ripartire le opere pubbliche ormai bloccate da anni. E naturalmente abbiamo chiesto che anche la classe politica dia il suo buon esempio: ci siamo detti disponibili a discutere di un taglio dei costi della politica, a patto che tutto non si riducesse ad uno spot demagogico da dare in pasto all'opinione pubblica, facendo credere magari che quei tagli siano la panacea di tutti i mali. Su questo, sui contenuti, sui provvedimenti necessari al Paese per ritornare a crescere avevamo dato la nostra disponibilità a discutere e collaborare con questo governo. Abbiamo ricevuto in cambio il solito provvedimento buono a tamponare qualche falla in maggioranza ma non a cambiare le sorti dell'Italia. Anzi, con tutte le carte in regola per peggiorare questa situazione e per consegnare al prossimo governo un Paese economicamente allo sbando. Di fronte a questa irresponsabilità, di fronte a un governo che non decide e che mette in atto la politica del sondaggio e non del coraggio, si fa ancora più decisiva e determinante la battaglia che l'UdC sta portando avanti assieme agli amici del Terzo Polo. E' il momento di intensificare i nostri sforzi, di incalzare il governo su quanto non ha fatto e svelare ai cittadini i suoi inganni spiegando le nostre ragioni. Di lavorare a un'alternativa credibile al governo del Paese e a questo modello bipolare che sta crollando miseramente. Questa manovra, come il comportamento tenuto dal governo in questi anni, spiega perché il nostro progetto sia così ambizioso e importante: perché quando un Esecutivo resta asserragliato nel fortino di Palazzo Chigi e arriva a sacrificare le legittime aspettative dei cittadini per salvare le sue poltrone, appare evidente che in ballo non ci sia solo il prossimo risultato elettorale ma le stesse sorti dell'Italia.

Lorenzo Cesa, Segretario nazionale Unione di Centro

lunedì 6 giugno 2011

BUTTIGLIONE: PER RIAGGREGARE AREA MODERATA, ARCHIVIARE BERLUSCONISMO



Roma, 5 giugno - Adnkronos - L'Udc per ora resta in attesa dell'evoluzione del quadro politico, disponibile ma non obbligata a stringere alleanze, pronta a lavorare alla riaggregazione dell'area moderata se si arriverà all'archiviazione del berlusconismo. Lo dice all'Adnkronos il presidente del partito Rocco Buttiglione, dopo le aperture ai centristi venute ieri da Claudio Scajola e le prospettive disegnate invece oggi dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani.
"L'Udc è pronta ad andare alle elezioni da sola - afferma Buttiglione - o con chi vuole allearsi con noi, visto che con questa legge elettorale al Senato saremo determinanti e quindi in grado di condizionare la nascita di qualunque governo, Quindi non siamo obbligati ad allearci con qualcuno, ma questo non significa non essere disponibili ad entrare in una coalizione che sia buona per il futuro del Paese".
"Da questo punto di vista non possono nascondere le diffidenze per la sinistra estrema, mentre saremo disponibili ad un'alleanza riformista. Nessuna personalizzazione, naturalmente, ma francamente risulterebbe difficile trovare un accordo con Di Pietro e Vendola su un programma che preveda le privatizzazioni, uno stretto controllo della spesa pubblica, una riforma delle giustizia che naturalmente non può punire la megistratura ma deve evitare la sua politicizzazione".
Sull'altro fronte, prosegue Buttiglione "la proposta avanzata da Scajola mi pare identifichi bene il punto decisivo della questione, vale a dire l'esigenza di chiudere la fase berlusconiana della politica italiana e di riaggregare l'area moderata, in forma di partito o di federazione, aprendo ai ceti medi, agli artigiani, ai commercianti, ai coltivatori diretti, ai cooperatori, ad una nuova leva proveniente dal mondo cattolico, immettendo energia nuova".
In questo senso la nomina di Angelino Alfano alla segreteria del Pdl puù rappresentare un passo in avanti? "E' presto per dirlo - risponde il presidente dell'Udc - ho stima di Alfano, ma naturalmente bisogna vedere su che tipo di progetto vuole lavorare e quanta libertà avrà per farlo".
Insomma per ora i centristi restano alla finestra: "non siamo obbligati a fare scelte premature, vedremo l'evoluzione del quadro politico - conclude Buttiglione - Se Berlusconi rilancia sulla via dell'estremismo, allora è plausibile la prospettiva di una grande alleanza riformistica; se invece si supera il berlusconismo, si apre una nuova fase per la riaggregazione dei moderati, d'altra parte non siamo noi che abbiamo rotto lìunità dei moderati".