domenica 18 dicembre 2011

ALCUNE FOTO DEL IV CONGRESSO PROVINCIALE UDC DI TERNI - "Ricostruiamo l'Italia, INIZIAMO DA TERNI"

Il neo eletto segretario provinciale UDC di Terni, Enrico Melasecche mentre legge la mozione congressuale

Il neo eletto segretario provinciale UDC di Terni, Enrico Melasecche mentre legge la mozione congressuale

Intervento di Gianluca Piergili

Il neo eletto segretario provinciale UDC di Terni, Enrico Melasecche mentre legge la mozione congressuale

Il saluto del Sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, all'assise congressuale

Il saluto del Sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, all'assise congressuale

Il saluto del Sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, all'assise congressuale

Intervento di Mario Giovannetti, segretario provinciale PD Terni

Intervento di Andrea Di Fino, segretario provinciale PSI Terni

Intervento di Andrea Di Fino, segretario provinciale PSI Terni



Intervento di Mario Giovannetti, segretario provinciale PD Terni

Intervento di Mario Giovannetti, segretario provinciale PD Terni

Intervento del Prof. Antonio Baldassarre, consigliere comunale di Terni (Lista Baldassarre)

Intervento del Prof. Antonio Baldassarre, consigliere comunale di Terni (Lista Baldassarre)

Intervento del Prof. Antonio Baldassarre, consigliere comunale di Terni (Lista Baldassarre)

Il neo eletto segretario provinciale UDC di Terni, Enrico Melasecche mentre legge la mozione congressuale

Intervento del Prof. Antonio Baldassarre, consigliere comunale di Terni (Lista Baldassarre)

Intervento del Prof. Antonio Baldassarre, consigliere comunale di Terni (Lista Baldassarre)

Il neo eletto segretario provinciale UDC di Terni, Enrico Melasecche mentre legge la mozione congressuale

sabato 17 dicembre 2011

L'ASSEMBLEA PROVINCIALE DELL'UDC ACCLAMA MELASECCHE SEGRETARIO





Si è appena concluso il quarto Congresso provinciale dell'UDC di Terni, "Ricostruiamo l'Italia, INIZIAMO DA TERNI", presieduto dall'On. Armando Dionisi al quale hanno partecipato i numerosi iscritti e simpatizzanti.
Hanno portato il loro saluto il Sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, il segretario del PD Mario Giovannetti, i coordinatori provinciali di API, FLI e PSI, rispettivamente Gianfelice Scafuri, Leonardo Latini e Andrea Di Fino e i consiglieri comunali, Prof. Antonio Baldassarre e Prof.ssa Cinzia Fabrizi.
Alla presenza dell'On. Paola Binetti - commissario regionale del Partito - l'assise congressuale ha eletto per acclamazione Enrico Melasecche nuovo segretario provinciale di Terni.
Oltre al nuovo segretario è stato eletto il nuovo comitato provinciale composto di 60 persone, i 40 delegati che parteciperanno al prossimo congresso regionale e i delegati al congresso nazionale.

MOZIONE CONGRESSUALE COLLEGATA ALLA LISTA DEL CANDIDATO ALLA SEGRETERIA PROVINCIALE DELL'UDC DI TERNI ENRICO MELASECCHE


Mozione congressuale collegata alla lista del candidato alla
Segreteria Provinciale dell'UDC di Terni Enrico Melasecche

Viviamo un momento storico di grande complessità, di profonde contraddizioni ma, proprio per questo, anche di scenari in forte movimento, quindi anche di grandi possibilità. Un momento storico stimolante per chi ama la politica nel senso etimologico e più nobile del termine come ci hanno insegnato uomini come De Gasperi e Sturzo, ma anche come Einaudi e tanti altri che hanno contribuito a ricostruire questo Paese. Vengono citati spesso a sproposito, ma difficilmente militerebbero in quei partiti la cui cultura politica è improbabile rispetto ai principi che professavano.
Certamente il panorama mondiale, europeo e nazionale offre dati che obbligano a riflettere di fronte ai quali chi ha sensibilità e senso di responsabilità non può restare indifferente ponendosi interrogativi ai quali occorre dare risposte.
Appare sempre più evidente come la sfida alla sostenibilità stia suscitando, e sempre più susciterà, "problemi sistemici" di tale vastità e complessità da configurare l'esigenza di un radicale cambiamento di rotta:
- a livello pubblico rispetto ai vigenti modelli economico-sociali, rispetto alla capacità di sviluppare a livello politico strategie di governance da parte di tutti gli attori istituzionali, economici e sociali;
- a livello individuale rispetto a stili di vita minimamente sobri, ad un consumismo individualista diventato feticcio, ad una cultura dello spreco, talvolta dello sballo, della ricchezza facile, dell'arrampicata sociale costi quel che costi;
- abbiamo il dovere, noi dell'UDC di riflettere e far riflettere, per un ritorno necessario alla cultura del rispetto degli altri, del senso dello Stato, del merito, dell'impegno, della responsabilità, della pratica del dovere prima ancora della pretesa del diritto.
Siamo di fronte ad una sfida che, se nella sua più intima essenza si configura come un problema politico ma anche tecnico-scientifico, poiché impone la definizione di indirizzi e di azioni strategiche, e che prioritariamente costituisce una sfida etico-culturale, non facile, perché e nella natura umana vivere al di sopra delle proprie possibilità, molto più difficile è tornare alla realtà, spesso dura che la storia impone.
Questi quindici anni di politica e di messaggi mediatici pervasivi hanno portato a credere che nella vita sia tutto facile, che le conquiste siano banalmente a portata di mano, non frutto di studio, di duro lavoro ed hanno fatto credere ai giovani che la sobrietà sia un limite, un termine obsoleto quasi demodè.
Nel 1968, l'anno in cui Aldo Moro in quei momenti, sotto molti aspetti ben più difficili degli attuali, dichiarava: "Tempi nuovi di annunciano ed avanzano in fretta come non mai" [1]. E, come allora, dovremmo giungere alle sue stesse conclusioni, seguire il suo insegnamento perché difronte all'incertezza attuale "una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, perché essa non sia ingiusta e neppure tiepida e tardiva, ma immensamente umana".
Pochi giorni fa, nel corso di un convegno organizzato dal Centro Stufi Vanoni per ricordare la figura di Filippo Micheli a cento anni dalla nascita, il Sen. Giuseppe Pisanu, in un intervento appassionato ma lucidissimo quanto coraggioso, ha ricordato, riferendosi proprio all'insegnamento di Moro ed al momento che stiamo vivendo: "non dobbiamo (riferendosi soprattutto ai cattolici) subire la forza bruta degli eventi, ma dobbiamo dominare i farri con l'intelligenza".

E' da questa breve premessa che siamo partiti per delineare la presente mozione. 
Porgo quindi il saluto mio, dei miei collaboratori e di tutto il Partito agli intervenuti, iscritti e simpatizzanti, all'On. Armando Dionisi un amico che presiede l'assise congressuale, all'On. Paola Binetti commissario regionale ma soprattutto anche lei amica che ci è stata vicino in questi mesi nonostante i suoi molteplici impegni.

Care amiche e cari amici,
ci troviamo finalmente a celebrare il quarto congresso provinciale ternano dell'Unione di Centro dopo un lungo percorso che, attraverso la Costituente di Centro e l'incontro con gli amici della Rosa per l'Italia, dei Circoli Liberal e degli altri movimenti ispirati al pensiero cristiano e liberale, ci ha permesso di lavorare perché nascesse il Terzo Polo, per superare l'attuale fallimentare sistema politico e per aprire all'Italia la strada di una nuova stagione di ricostruzione.
Gli italiani pretendono oggi dalla politica un cambio radicale. Non un semplice cambio di governo ma un cambio di sistema e di mentalità.
E' finita l'epoca delle facili promesse e delle scorciatoie, del semplicismo scarsamente efficace e degli "uomini della provvidenza". E' finito il ventennio delle illusioni, quello della democrazia "decisionista solo nelle apparenze", del bipolarismo muscolare che nascondeva dietro il linguaggio violento, condito spesso da gesti scurrili, l'incapacità di affrontare i problemi reali o peggio ancora il disinteresse nel risolverli. Tale politica non ha prodotto governabilità ma una polarizzazione dello scontro, ha spaccato il Paese, e ci ha fatto scivolare verso l'investitura plebiscitaria del capo e l'elezione solo formale di un Parlamento di nominati. E sebbene la crisi della rappresentanza e i fenomeni di personalizzazione e verticalizzazione della leadership stiano avanzando anche in altri paesi, è indubbio che rispetto agli altri paesi occidentali, in Italia, questi fenomeni sono andati assumendo un'intensità del tutto peculiare tanto da mettere in discussione le stesse basi del nostro sistema costituzionale.
E' dunque giunta l'ora, dopo i fallimenti di questa democrazia senza mediazione, di cambiare, di anteporre il bene comune ad ogni interesse particolare e di parte.
L'Italia è in gravissimo pericolo di regressione e l'UDC, impegnata da anni nella solitaria denuncia delle gravi distorsioni del nostro sistema politico, richiama l'intero Paese alla pacificazione e alla ricostruzione, su basi chiare e responsabilità precise.
Dalle elezioni politiche del 2008, l'Unione di Centro ha proseguito il proprio cammino di opposizione politica in Parlamento e di radicamento sociale nel Paese sulla base di un'idea fondamentale che è andata dimostrandosi sempre più indispensabile per l'Italia: la responsabilità.
Quindi:
- responsabili in Parlamento;
- responsabili nel Paese contro ogni tentazione di separatezza territoriale;
- responsabili nei confronti della necessaria coesione sociale, contro ogni tentazione di dividere gli italiani in virtuosi o fannulloni, a seconda di dove vivessero e di quale mestiere facessero;
- responsabili nella politica estera per impedire che prevalessero rapporti del tutto affaristico-personali rispetto ad un ruolo ed una stima che l'Italia si era conquistata in Europa e nel mondo.
Oggi siamo finalmente ad una svolta decisiva.
Il nuovo Governo Monti sostenuto da un'ampia maggioranza sta creando le condizioni necessarie per salvare il Paese sull'orlo del baratro ed aprire la strada ad una nuova stagione politica da noi più volte auspicata, segnata dal rigore, volta - ce lo auguriamo con forza - alla ripresa economica, aggiungiamo noi segnata dalla responsabilità, e, indubbiamente dall'equità, da un'equità che ci auguriamo emerga con maggiore decisione rispetto a quella che oggi appare dai provvedimenti in corso.
Questo è un governo che usa la sua natura tecnica per fare cose urgenti che potevano e dovevano essere fatte prima e in modo diverso, che ora risultano sotto certi aspetti brutali ed impopolari proprio perché gravate da un immenso e colpevole ritardo, da illusioni da prestigiatore di chi sosteneva che non c'era bisogno di fare sacrifici, perché la crisi era ormai alle nostre spalle, perché nella sua Italia del Bengodi tutti gli italiani potevano, anzi dovevano continuare a consumare, consumare, consumare.
Immenso e colpevole ritardo che, pur giustificando il rigore imposto dalla necessità di ridurre il debito pubblico e di promuovere la crescita, non può esimerci dall'affrontare la questione da un punto di vista più generale e non esclusivamente tecnico-economico. Si tratta in particolare della questione della coesione - necessità non solo italiana ma anche europea - intesa in senso territoriale, sociale e generazionale.

L'UNIONE DI CENTRO, GRANDE PARTITO DI GOVERNO
L'Unione di Centro, dunque, ha indicato la strada per superare l'attuale fallimentare sistema politico e far constatare agli increduli la crisi di questo bipolarismo. Siamo consapevoli del fatto che senza la nostra denuncia e il nostro esempio, senza il costante appello a tutti i moderati, oggi la realtà sarebbe diversa e non saremmo tornati "centrali" nella vita pubblica italiana. Ma dobbiamo essere altrettanto consapevoli che il percorso non si è concluso ed anzi è giunto il momento più difficile nel quale il nostro impegno, la nostra attenzione e la nostra prudenza dovranno moltiplicarsi.
Mai come oggi la vera svolta è nelle mani di ciascuno di noi, a patto di riuscire a scrollarci di dosso pregiudizi e cliché e uno sguardo ancora troppo rivolto al passato.
E' nostro preciso dovere prendersi cura del presente che ci è stato affidato così come, al tempo stesso, oggi più che mai, è nostro diritto/dovere tornare a progettare e a sognare il futuro.
Dopo la denuncia è l'ora della ricostruzione dell'Italia e della creazione di un grande partito capace di governare la rinascita:
- un partito al servizio dell'unità nazionale e della ricostruzione della repubblica;
- un partito al servizio di una vera modernizzazione liberale che liberi appunto il Paese dai mille lacci e lacciuoli che Guido Carli citava or sono qualche decennio fa ma che sono rimasti intatti, anzi constatiamo che, sotto certi aspetti sono diventati ancor più vischiosi e duri a morire;
- un partito al servizio di una nuova etica pubblica e della legalità;
- un partito al servizio della vita per un buon uso della scienza e della ricerca, spronate, potenziate e non immiserite da una rinuncia aprioristica a confrontarci con le altre nazioni che trainano nel mondo lo sviluppo.
Vogliamo costruire un grande partito di governo, laico, popolare, democratico e costituzionale, di chiara ispirazione cristiana:
- laico perché autonomo da dettati confessionali ma tutt'altro che laicista perché alfiere dei valori di fondo delle nostre comunità e nutrito dall'ispirazione cristiana e liberale;
- popolare e non populista.
Vogliamo un grande partito che sia in grado di formare e selezionare la nuova classe dirigente, grazie ai tanti giovani che intendiamo far crescere, cui gli errori di un certo passare e sicuramente del passato prossimo hanno fatto apparire la politica solo come furbizia e privilegio di pochi.
Vogliamo un partito che verifichi l'azione degli eletti nelle istituzioni, che sviluppo un dibattito autonomo dal punto di vista culturale della realtà, in grado di reggere all'urto di campagne mediatiche, di interesse di corto respiro e di ondate emotive.

L'esperienza della DC è conclusa e non è più riproponibile. Ma oggi è necessario prendere atto che anche la diaspora democristiana di ruiniana memoria, con i cattolici sparsi nei vari schieramenti politici, è fallita, con uno svilimento dei nostri principi e dei nostri valori.
Allo stesso tempo è superata l'opposizione tra cattolici e laici.
Occorre, pertanto, rivendicare con forza l'essenza costitutiva del nostro partito, ribadita con chiarezza dal nostro leader nazionale, per cui il fare politica significa saldare la grande cultura cattolica - per sua natura di sintesi, secondo il modello degasperiano - e laica del nostro Paese. L'Unione di Centro è nata infatti: "per proporre una nuova casa politica a tutti i popolari, i liberali, i moderati e i riformisti italiani" [2].
Proprio in coerenza con quanto appena enunciato, però, "deve essere chiaro a tutti, soprattutto a chi dichiara di voler aprire un confronto con il nostro partito, che noi, pur credendo con convinzione nel metodo del dialogo con tutte le forze politiche, non accetteremo mai alleanze che non abbiano l'esplicito obiettivo di condurre il Paese oltre gli orizzonti della cosiddetta Seconda Repubblica" [3].

L'UNIONE DI CENTRO, PARTITO DEI TERRITORI
E' proprio da questo obiettivo strategico che le nostre proposte politiche acquisiranno un valore aggiunto ed unificante anche nei territori nei quali viviamo ed operiamo.
L'Unione di Centro deve continuare a presentarsi come forza innovatrice anche a livello locale alimentando un clima costruttivo e ricostruttivo, rivolto al bene comune in modo concreto e chiaro, non solo declamatorio, per superare quella sorta di 'galleggiamento' che tende a perpetuare le situazioni esistenti, i gruppi di potere che non hanno interesse ad innovare perché hanno paura delle idee, del cambiamento, delle alternanze e del confronto con noi, hanno paura dell'apertura provocando un costante arretramento dei nostri territori, sia a livello regionale che provinciale.
Un clima propositivo non significa, per essere chiari, l'assenza di opposizione, praticata molto spesso da chi avrebbe il dovere precipuo di farla.
Come ha ricordato qualche settimana fa Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni, Narni e Amelia: "non possiamo quindi ritrovarci solo per difendere il passato o quello che c'è oggi: dobbiamo orientare il nostro sguardo al futuro e inventare soluzioni nuove".

Questo significa promuovere ogni possibile e reale cambiamento virtuoso nelle istituzioni locali attraverso un’azione politica tenace, preparata ed articolata. Il percorso è stato già avviato da anni e la realtà ci vede quotidianamente protagonisti nell’affrontare i tanti temi di attualità che riguardano il nostro territorio. Addirittura, e ne siamo orgogliosi, a fronte della crisi che dilania alcuni partiti, siamo portati ad esempio come paradosso di una formazione che “detta l’agenda politica” in questa città e nel nostro territorio, con coraggio, determinazione, preparazione.

A Terni
Terni vive una fase di pesante recessione con prospettive decisamente fosche e la crisi attuale è poca cosa rispetto a ciò che ci aspetta nell’immediato futuro.
Il polo chimico rischia il graduale smantellamento con la Basell ridotta all’ombra di se stessa per cui, se non dovesse risolversi il problema con l’ingresso della Novamont e con la chimica verde, è facile prevedere nel breve volgere di pochi anni la messa fuori mercato delle altre realtà che lavorano all’interno della vecchia Polymer e lo sfarinamento di quel polo chimico che fra lavoratori diretti ed indiretti sostenta circa 700 famiglie.
L’industria manifatturiera per eccellenza, l’acciaieria, che impiega ancora migliaia di maestranze particolarmente qualificate, è stata come noto scorporata dalla Tyssen Krupp nella Inoxum e posta in vendita al miglior offerente, con il serio rischio di una ulteriore falcidia di posti di lavoro.
Ringrazio a questo proposito l’On Paola Binetti, non solo per aver risposto alle nostre sollecitazioni nel porre al passato Governo, con apposite interrogazioni, il problema del completamento della Terni-Orte-Viterbo-Civitavecchia, sbocco al  mare per la nostra industria chimica, siderurgica e meccanica, ma anche quello delle sorti del salvataggio del nostro polo chimico a cominciare dalla Basell, tutt’oggi appunto in condizioni drammatiche. La risposta che personalmente le ha dato poche ora fa il Ministro Passera, confermando  un suo impegno non formale, sia sul fronte della chimica che su quello della siderurgia, ci fa ben sperare, nonostante le obiettive difficoltà da superare.
Ma dei tanti sogni che negli anni ’90 avevano costituito il progetto di una città forte e vivace, la Terni dinamica d’un tempo, negli anni in cui ebbi l’onore di servire questa città in cui non sono nato ma in cui avevo deciso con la mia famiglia di vivere e far nascere e crescere i miei figli, quei sogni dicevo, stanno tutti repentinamente sfumando nella incapacità di imprimere un forte cambiamento alle situazioni di crisi, create spesso proprio da scelte sbagliate, talvolta ideologiche, spesso frutto di leggerezza o di mancanza di coraggio.   
Sono appena trascorsi dodici anni da quando nel 1999, ero allora Vice Sindaco ed Assessore impegnato nell’unica giunta liberaldemocratica nella storia di Terni, ma sembra trascorso un secolo per il fallimento successivo di tanti progetti: 
- dall’Ex Centro Multimediale, con Zavoli Presidente e la Telecom socio privato che doveva diventare la Silicon Valley umbra, oggi azienda comunale in house che si regge con sovvenzioni continue ed assistenzialismo;
- alla Papigno, la Cinecittà umbra, diventata la sede di produzione del film di Benigni “La vita è bella” con i tre Oscar, oggi sbarrata ed abbandonata a se stessa;
- al Polo Universitario rilanciato da noi, poi potenziato grazie all’amico Enrico Micheli, con cui mi confrontai molto onorevolmente alle suppletive per il Parlamento nel 1999, un confronto peraltro impari visto che lui era Ministro dei Lavori Pubblici in carica del Governo D’Alema. Oggi che è deceduto molti lo ricordano, dimenticandosi che ne proponemmo noi la candidatura alle ultime elezioni amministrative quale sindaco di Terni, in una sorta di “Modello Marche”, che avrebbe in cuor suo ricoperto volentieri a coronamento di una vita al servizio del Paese, mai dimenticandosi la sua Terni. Va detto per la storia che rinunciò sconsolato, proprio per la chiusura forte di una parte del PD in cui da popolare era confluito, ben poco riconoscente nei suoi confronti per quanto aveva fatto.  
Ma come metro di giudizio più generale proponiamo di usare le conclusioni del convegno organizzato tre anni fa dal nostro Vescovo proprio per scuotere la Città dal declino su cui era avviata. Cinque erano le leve su cui agire per rilanciarne il ruolo già all’epoca traballante: Università, Acciaierie, Sanità, Macchina Comunale, Coesione sociale (Cultura, ecc). Cosa è accaduto in questi tre anni di positivo o di negativo?
1)- L’Università ha visto chiudere Mediazione Linguistica, Scienza della Formazione cinematografica e televisiva, oggi chiude Scienze Politiche. Iscrizioni a picco, non un ternano in consiglio di amministrazione, probabilmente non uno dei diciotto dipartimenti a Terni. Di cosa vogliamo parlare?
2)- Acciaierie. Tratteniamo il respiro perché ciò che sta per accadere potrebbe segnare il declino anche della vera risorsa che ha trasformato e fortemente caratterizzato Terni. Lo scorporo dell’inox dalla Tyssen Krupp e la messa in vendita della nuova Inoxum presuppongono probabili ristrutturazioni con riduzione di personale ed abbandono di un disegno industriale, quindi di investimenti che hanno fin qui salvaguardato il sito.
3)- Sanità. Sta cambiando il Paese. Non è più possibile continuare a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Solo le realtà che hanno filo da tessere potranno continuare a farlo, non di certo quelle che costano troppo, con doppi o tripli primariati, gestiti dalla politica non in base al merito, alla capacità di dare risposte di altissima qualità ai malati, potranno resistere e crescere. Vogliamo cambiare, tagliando l’inutile, gli orpelli e puntando finalmente su un progetto serio, come la “Città della salute” che lanciò il Direttore Generale Lombardelli e proprio per questo fu silurato dalla politica regionale. Possiamo morire di ipocrisie continuando a sostenere che tutto va bene? Non possiamo plaudire a ciò che fin qui è stato fatto, perché quest’Umbria a due velocità, con tutti gli ospedali della Provincia di Perugia costruiti ex novo, modernissimi, si confrontano con quello di Terni, Narni ed Amelia, in condizioni di fatiscenza o comunque di forte obsolescenza. Nella riforma sanitaria in corso chiediamo il mantenimento della ASL a Terni e dell’Azienda Ospedaliera a Colle Obito, integrate in modo rigorosissimo, fra di loro e con l’Azienda ospedaliera di Perugia, uniche condizioni queste perché possano sopravvivere.
Ed allora facciamo nostra la domanda che il Senatore Fioroni lanciava provocatoriamente ai suoi compagni di partito un anno fa: “se il PD non comprende che i malati vogliono medici che li sappiano curare e non chiedono loro quale tessera hanno in tasca, è un partito destinato in Umbria a regredire” perché aggiungiamo noi, non è più possibile questo strabismo nel sostenere cambiamenti forti e modernizzazioni nel Governo nazionale ma nei territori in cui si è al potere fare esattamente il contrario. 
4)- Macchina comunale. Era la quarta leva indicata dal convegno diocesano. Si disse che solo una compagine motivata, preparata, coesa e partecipe del progetto, libera da storie passate, avrebbe potuto fare la differenza. Qualcuno può ragionevolmente sostenere che si è intrapresa la strada giusta?
5)- Infine: Città coesa.
Ci sembra che l’esempio che dà la maggioranza sia abbastanza triste. Una parte del governo cittadino blindata nel difendere posizioni indifendibili, piccoli privilegi, incarichi retribuiti di pochi, in cui vige assoluto il principio del conformismo. Chiusura netta a proposte, idee nuove, o comunque alternative: citiamo solo alcune sigle ASFM, ASM, SII, Consorzio Aree Industriali, USI, ATC, ISRIM, Papigno,  qualcuno può ragionevolmente sostenere che esistono ancora gioielli di famiglia che fanno da traino alla nostra economia, che possono costituire il volano di un futuro sviluppo?
Questa maggioranza non ha quindi fatto tesoro neanche di suggerimenti che il nostro Vescovo ha cercato di fornire con una due giorni memorabile in cuin tutti hanno potuto finalmente parlare e dire ciò che pensavano.

Integrazione immigrati.
In questa situazione è solo ipocrisia parlare di integrazione perché ormai sono centinaia in città coloro che ogni giorno tendono la mano senza ottenere nulla o quasi, perché una città che langue, senza molte speranze, non riesce neanche ad integrare gli ultimi, né i propri né coloro che vengono da mondi e da culture lontane e che hanno maggiori difficoltà nell’inserirsi.

La Provincia di Terni.
Va detto che l’attività dell’UDC, particolarmente difficile come dicevo per la scelta di essere opposizione fino a qualche settimana fa al Governo Nazionale, ma anche opposizione alla conservazione locale in Umbria, si svolge con impegno anche nella nostra provincia.
Cito per brevità solo le città principali. Siamo come noto in maggioranza nella amministrazione Concina ad Orvieto, in cui la sinistra ha dimostrato di non essere all’altezza delle aspettative degli orvietani ed ancor oggi non è in grado di ritrovare unità d’intenti e prospettive di credibilità.
Abbiamo svolto un lavoro importante alle ultime elezioni ad Amelia e Montecastrilli, cui non ha arriso un risultato immediato ma in cui contiamo, grazie a quel lavoro, di crescere in modo molto significativo.
Infine contiamo di essere presenti con una proposta civica nelle prossime elezioni di Narni ed Attigliano, per contribuire con nostri candidati a progetti di forte spessore.  

Proposta
Una delle proposte che abbiamo formalizzato da tempo ma che il PD non ha minimamente ancora recepito e ce ne meravigliamo, proposta che reiteriamo quest’oggi è quella di un progetto che unisca la progettualità più comuni, a cominciare proprio da Narni e Terni, possibilmente anche Amelia, non solo per la dimensione delle tre realtà che costituiscono insieme ben oltre il 50% della popolazione dell’intera provincia, ma per la contiguità dei territori che costituiscono un’unica comunità sociale ed economica. Continuano tutt’oggi a lavorare ognuno per conto suo, senza rendersi conto che il mondo è cambiato e che solo da un nuovo laboratorio di idee può ripartire l’economia e lo sviluppo, le iniziative culturali, soprattutto alcune infrastrutture che necessitano oggi di  indebitamenti elevati, quando, progettate insieme, urbanisticamente, comicamente e finanziariamente potrebbero avere ben diversa facilità di realizzazione e soprattutto di successo.
Sembra quasi che la Conca ternana sia ancora divisa dalle vecchie guerre di supremazia dei comuni mentre la globalizzazione impone aperture mentali e pratiche di ben altra caratura.

La costruzione del Terzo Polo
Siamo convinti che la creazione del Terzo Polo sia anche qui in Umbria una chance da coltivare e far crescere. Ringrazio della loro presenza i rappresentanti di FLI ed API con i quali abbiamo ottimi rapporti di stima e collaborazione.
Certo, questa alleanza nazionale si cala nelle singole realtà comunali con la necessità di una graduale amalgama perché, come tutti comprendono, in ogni realtà, esistono storie personali, appartenenze, anche a schieramenti diversi, che vanno gradualmente integrate per andare a costituire quel Terzo Polo, riferimento per tutti coloro che, a sinistra chiedono e non ottengono innovazione e cambiamento, e a destra non vedono nel PdL una chance di futuro per il Paese e a livello locale un’alternativa credibile e convinta al sistema di potere al governo in quasi tutte le nostre realtà.

PROPOSTE
Nella diatriba in corso sulla stampa in questi giorni, in cui proprio settori del PD, quelli  più sensibili alle riforme, hanno mutuato nostre idee che da anni inascoltati proponiamo, cosa dire? 
Innanzitutto noi ci rendiamo conto di essere scomodi e pericolosi. Scomodi come lo è stato il nostro partito a livello nazionale quando con Pier Ferdinando Casini non è salito sul predellino, rinunciando alla propria storia, ai propri valori alla propria identità. Pericolosi nei limiti in cui dimostriamo di avere idee, proposte, di fronte ad una situazione spesso stagnante che vede regredire le nostre comunità con amministrazioni non sempre all’altezza delle situazioni, idee e coraggio con cui mettiamo spesso in difficoltà le amministrazione di fronte alla pubblica opinione. E’ vero non sempre raccogliamo in termini di consensi quanto seminiamo ma purtroppo  l’elettore, dalle nostre parti, reso da noi edotto della inadeguatezza della sinistra, spesso preferisce radicalizzare le proprie scelte verso una destra troppo speso supina alle politiche ed alle scelte di chi governa.
A nostro merito vanno i riconoscimenti di morbidezza ed accondiscendenza che i sindaci di sinistra fanno al PdL locale rispetto ad una opposizione precisa, con schiena diritta e pochi sconti che noi continuiamo a svolgere.
Anche Pierferdinando Casini avrebbe ottenuto ministeri importanti e molte altre soddisfazioni se fosse salito sul quel predellino, ma ha preferito un progetto di libertà per difendere le nostre idee e quell’autonomia che in politica non ti fa mai sentire nè suddito né ammesso alla corte di qualcuno. La pensiamo alla stessa maniera. Quindi se qualcuno si illude, fra i nostri corteggiatori o fra i nostri detrattori, che l’alternativa a giunte traballanti e ben poco credibili possa essere l’elargizione di qualche poltrona da assessore o cose similari non ha capito nulla dell’UDC. Stiano tranquilli gli assessori attuali perché  nessuno di noi intende insidiare la loro indennità.
Se viceversa dovesse mai maturare la convinzione di un forte cambiamento di rotta, come ha proposto un autorevole rappresentante dello stesso PD, un azzeramento di esperienze concluse anzitempo a causa della fiducia che le nostre popolazioni non pongono più in esse e dell’incapacità evidente di trarre dalla palude le nostre città, a cominciare da quella di Terni, allora potremmo ragionare.
Perché questo strabismo del PD che sostiene il Governo Monti ma nei territori in cui è al potere preferisce una blindatura di pochi ottimati che provengono peraltro tutti dal vecchio PCI, asserragliati nel difendere privilegi, rendite di posizione, appalti da non rinnovare piuttosto che percorrere quelle liberalizzazioni e privatizzazioni che sole possono far ripartire l’economia di questo Paese imbrigliato da troppi privilegi che Berlusconi, tradendo la rivoluzione liberale,  ha invece difeso.
Monti è stato il campione della concorrenza in Europa, Bersani il rappresentante del Governo Prodi che ha tentato di applicarle, il PD può credibilmente chiudersi a riccio per impedire qualsiasi cambiamento? Diventa quasi ridicolo e, su queste posizioni, è destinato dalle nostre parti a scendere bel al di sotto di quel 53% di un misero 60% che ha riscosso a Terni alle ultime elezioni comunali.
Al PD quindi la scelta, blindarsi nel sogno di un PCI ancora egemone o aprirsi alle idee ed alle proposte che stiamo da troppi anni facendo, mentre Terni e la nostra Provincia stanno regredendo paurosamente.   
Perché noi siamo sereni? Perché percepiamo con evidenza l’interesse che c’è adesso si di noi, perché siamo convinti delle nostre buone idee e della centralità, non geografica ma valoriale che rappresentano le nostre posizioni e dell’urgente riformismo di cui noi e non loro siamo portatori. L’augurio che facciamo alle nostre comunità è che maturino alla svelta scelte consequenziali prima che siano troppo tardi per tutti.

Siamo convinti che questo nostro congresso costituirà il momento che segnerà una crescita dell’UDC, una sorta di tappo di una bottiglia di spumante, tutto italiano, che non poteva più rimanere compresso. Abbiamo segnali importanti dai vari territori. Noi siamo apertissimi ad accogliere tutti coloro che con noi intendono lav orare anche duramente, per collaborare e far crescere con l’UDC le nostre idee.  Chiediamo a tanti amici disorientati da tante promesse illusorie, soprattutto ai giovani, di seguire con attenzione la nostra proposta politica e di continuare ad avvicinarsi al nostro partito ed entrarvi. Lo chiediamo ai moderati, alle persone di buon senso, a tutti coloro che delusi dalla politica nazionale e locale non intendono come noi gettare la spugna ma continuare a combattere non tanto per noi stessi, ma per i nostri figli ed i nostri nipoti, affinchè in un Paese più moderno e più giusto ci sia posto per un’Umbria affrancata da logiche superate, più forte e più giusta.   


[1] Aldo Moro, Discorso al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, 21 novembre 1968
[2] Unione di Centro, Manifesto per una nuova Italia - 20/02/2009
[3] Documento d'indirizzo per i Congressi dell'Unione di Centro, Coordinamento Nazionale UDC, 20/09/2011

venerdì 2 dicembre 2011

SABATO 17 DICEMBRE: "RICOSTRUIAMO L'ITALIA. INIZIAMO DA TERNI", IL IV CONGRESSO PROVINCIALE UDC DI TERNI


Sabato 17 dicembre, dalle ore 10,00, all'Hotel Valentino di Terni, si terrà il III Congresso Provinciale dell'UDC di Terni per il rinnovo del segretario provinciale, del comitato provinciale e per l'elezione dei delegati al congresso regionale e a quello nazionale.
TUTTI GLI ISCRITTI E I SIMPATIZZANTI SONO INVITATI A PARTECIPARE !!!

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Per informazioni contattare la Sede Provinciale del partito sita in Terni, Via Giordano Bruno n. 7:
- Telefono e Fax 0744/406050
- Cellulare 3401530943
- e-mail udcterni@gmail.com


martedì 22 novembre 2011

(TERNI) SABATO 3 DICEMBRE, CONVEGNO "C'ERA UNA VOLTA LA DEMOCRAZIA CRISTIANA: PROTAGONISTI DI IERI PERSONAGGI DI OGGI" ORGANIZZATO DAL CENTRO STUDI "EZIO VANONI"


On. Filippo Micheli

Cari amici, segnaliamo un'importante iniziativa del Centro Studi "Ezio Vanoni" di Terni, il convegno:
C'ERA UNA VOLTA LA DEMOCRAZIA CRISTIANA:
PROTAGONISTI DI IERI PERSONAGGI DI OGGI
che si terrà il prossimo 3 dicembre, dalle ore 15.00, presso l'Hotel Michelangelo di Terni, nel centenario della nascita di Filippo Micheli
Interverranno come relatori: l'Onorevole Rosa Russo Jervolino, il Senatore Franco Marini e il Senatore Giuseppe Pisanu
Coordinerà Renata Natili Micheli, Responsabile organizzativo del Centro Studi "Ezio Vanoni". Seguirà la presentazione del libro su Filippo Micheli "Ciò che rimane. Frammenti di storia nella memoria" a cura dell'autore Aristide Radicchi.

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Per informazioni rivolgersi alla Segreteria organizzativa del Centro Studi "Ezio Vanoni" sita in Terni, Via giovannini n. 30, Telefono 0744.300991, Fax 0744/300240, e-mail centrostudieziovanoni@gmail.com, web 
www.centrostudieziovanoni.org

giovedì 15 settembre 2011

NON FACCIAMOCI SCIPPARE IL FUTURO!!! LUNEDI 19 SETTEMBRE, DIFENDIAMO TERNI. OCCUPIAMO PALAZZO SPADA!!! Diciamo BASTA allo strapotere di Perugia.


Lunedi 19 settembre, dalle ore 18.00, occupiamo la sala del Consiglio Comunale di Terni a Palazzo Spada. Non facciamoci scippare il Futuro, non facciamoci scippare l'Università e la Sanità. Diciamo basta allo strapotere di Perugia, difendiamo TERNI!!! E' una delle nostre ultime possibilità ma insieme ce la possiamo fare.

lunedì 12 settembre 2011

(GOVERNO) BUTTIGLIONE: BERLUSCONI VIA E NON CI SARANNO VENDETTE


(ANSA) - Roma, 12 Settembre: "Il Pdl mi ricorda i socialdemocratici tedeschi del 1918: volevano fare la rivoluzione ma volevano il permesso dell'Imperatore. Non si fa la rivoluzione con il permesso dell'Imperatore, si va dall'Imperatore e gli si dice: 'Maestà, c'è la rivoluzione, deve andare via". Il Presidente dell'UdC Rocco Buttiglione, intervenuto a '24 Mattino' su Radio 24 rivolge questo invito ai politici di centro-destra per convincerli a spingere il premier Berlusconi a fare un passo indietro e dimettersi.
"In una situazione così una persona che ama l'Italia si dimette e dice 'scegliamo insieme una persona e un governo nuovo, fortissimo, in cui tutti siano coinvolti'. Berlusconi non ha in Europa il credito necessario e non è in grado neppure di tenere unita la sua coalizione. Anche la manovra è stata una pantomima. Siamo, e mi fa fatica dirlo, tecnicamente in fallimento. La situazione del Paese è tale che o convinciamo l'Europa ad appoggiarci seriamente e facciamo scendere il livello dei tassi di interesse sul nostro debito, o non avremo i soldi per pagare gli impiegati dello Stato e le pensioni".
Sulla credibilità dell'Italia pesano anche le nuove intercettazioni, secondo Buttiglione: "E' incivile - ha detto - che si intercetti una persona nelle sue conversazioni private e che queste parole, che non hanno risvolto criminale, vengano date ai giornali. Ma il quadro che emerge è devastante. Non so se siano vere le intercettazioni sulla Merkel. Spero di no, ma se fosse vero e se in questo momento venisse fuori che il capo del Governo italiani si esprime in modo sprezzante e volgare sulla Merkel, come fa uno in una condizione così a giudare il Governo? Non si rende conto che danneggia drammaticamente l'Italia?".
Buttiglione ha rilanciato l'idea di un salvacondotto giudiziario per il premier, in cambio di sue dimissioni: "E' lecito il dubbio che in questo momento il capo del Governo si ostini nella sua posizione anche per la paura riguardo al futuro - ha detto. Noi dobbiamo togliergli la paura: non ci saranno vendette, non andrà al governo una maggioranza che vuole la morte di Berlusconi. Lui è un ostacolo che ci impedisce di affrontare la difficoltà". "Togliamo questo ostacolo, non vogliamo distruggerlo, vogliamo salvare l'Italia. Non siamo alla fine del fascismo, siamo a un normale cambio di Governo".

domenica 11 settembre 2011

(CHIANCIANO/FESTA NAZIONALE) CESA: "BERLUSCONI SI DIMETTA, NON MERITIAMO UN PREMIER COSI'"


"Noi abbiamo il dramma di un premier che mentre il suo Paese affonda passa le giornate con i suoi avvocati a pensare alle sue questioni. Noi abbiamo il dramma di un presidente del Consiglio che per anni è andato in giro vantandosi di aver fatto dell'Italia una grande potenza, grazie al fatto che lui era l'unico politico della storia italiana che poteva dare del tu ai grandi del mondo, a Bush, a Putin. E adesso invece ci tocca scoprire che passava le sue giornate a darsi del tu al telefono con squallidi personaggi. Non meritiamo tutto questo. Basta, basta, basta!". E' con queste parole che, nell'intervento di chiusura della nostra Festa di Chianciano Terme, il segretario Lorenzo Cesa, torna a chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e concordare insieme a Pdl e Pd un patto di fine legislatura per un nuovo governo di unità nazionale.
"Berlusconi si comporti da uomo politico e ancora prima da italiano responsabile. Si dimetta e un minuto dopo guidi il suo partito a dare una mano a far nascere un nuovo governo di unità nazionale per risollevare le sorti dell'Italia. Ci restituisca questo Paese come gli italiani gliel'avevano consegnato". Lorenzo Cesa ha sottolineato che "in Spagna è bastato che Zapatero dicesse 'tolgo il disturbo' per restituire un pò di speranza al suo Paese. Cosa succederebbe se Berlusconi domani dicesse 'mi faccio da parte'? Che reazione pensate che avrebbero i mercati? Io scommetto che non si straccerebbero le vesti. Anzi".
"E allora cambiamo e speriamo che Berlusconi lo capisca. E' prima di tutto suo interesse farlo. Questa è l'ultima occasione che ha per dimostrare che vuole davvero dare qualcosa alla politica italiana e non solo prendere. Aiuti e spinga i suoi ad andare oltre, a costruire insieme a noi, al Terzo Polo, insieme alle forze responsabili del centrosinistra un nuovo governo di salvezza nazionale".

giovedì 11 agosto 2011

(CRISI) CASINI: PAROLE DI TREMONTI? HO CAPITO DI PIU' LEGGENTO I GIORNALI


"Ringrazio Tremonti per la cortesi di essere venuto a riferire alle Camere, non per la sostanza. Spero che abbia le idee così chiare che non ce l'abbia voluto dire. Avevo capito di più dalla lettura dei giornali che da quello che ho sentito oggi".
"Da questa porta stretta o bassa dobbiamo passarci tutti - ha detto Casini. Io però ho la sensazione che quando ci apprestiamo tutti assieme a questo dibattito e parliamo della situazione economica difficile, ci dividiamo in due grandi aree: chi ritiene che la situazione internazionale accomuni tutti e che pertanto l'Italia è nè più nè meno come gli altri Paesi; e chi è convinto che è vero che esiste una tendenza generale, ma esiste una condizione di difficoltà accentuata per l'Italia e in questi anni c'è stato un tentativo di minimizzare, banalizzare, che non ha aiutato a prendere coscienza". "Era affrettata e demagogica la decisione sull'Ici per la prima casa. Sono stati errori le perdite di tempo. Ora c'è la grandissima responsabilità di dare risposte immediate".

sabato 30 luglio 2011

IO SONO L'ITALIA - FESTA NAZIONALE DELL'UNIONE DI CENTRO


Cari amici, siete tutti invitati a partecipare al consueto appuntamento al Parco Fucoli di Chianciano Terme per la Festa Nazionale dell'Unione di Centro "IO SONO L'ITALIA" (8/11 settembre 2011).
Il programma non è stato ancora definito, per qualsiasi informazione potrete contattare la Segreteria Provinciale del partito:

Via Giordano Bruno n. 7 - 05100 Terni
Telefono e Fax 0744/406050 Cellulare 3401530943
e-mail udcterni@gmail.com 

Scheda di prenotazione alberghiera

giovedì 28 luglio 2011

(APPELLO DELLE PARTI SOCIALI) CASINI: "SE IL GOVERNO HA PROPOSTE SERIE RINUNCIAMO A PAUSA AGOSTO ED APPROVIAMOLE IN PARLAMENTO"


"Se il governo non sta lì solo a scaldare la sedia, presentino provvedimenti concreti, immediati e magari interrompiamo anche la pausa estiva ad agosto se sono in condizione di portare avanti provvedimenti seri". E' quanto dice Pier Ferdinando Casini dopo l'appello delle parti sociali. Durante una conferenza a Montecitorio, il leader UdC dice: "Le forze produttive chiedono un patto per la crescita, noi come opposizione rispondiamo 'presente' e diciamo al governo di presentare provvedimenti concreti anche subito. Sospendiamo la pausa estiva in agosto e approviamoli in Parlamento. Se ci sono provvedimenti seri - sottolinea - questo è un apporto che si può fare. Naturalmente il governo in questo momento non dà segni di vita e questo è molto preoccupante per noi". Casini sottolinea poi che per l'UdC, "la strada maestra è un governo di responsabilità nazionale. E' chiaro che quella è l'unica soluzione in grado di dare le risposte che il Paese attende. Ma, in ogni caso - conclude - noi oggi siamo all'opposizione e c'è un governo che ha la maggioranza e a questo governo chiediamo di non perdere tempo". (Fonte DIRE, Roma 28 luglio)

venerdì 22 luglio 2011

L'INTERVENTO DI PIER FERDINANDO CASINI ALLA CONVENTION NAZIONALE DEL TERZO POLO: "IO CAMBIO L'ITALIA"



La storia lo insegna: quando nella vita di una nazione, una crisi economica drammatica si sovrappone ad un evidente decadimento delle istituzioni e la classe dirigente rinuncia ad esercitare il suo ruolo di guida, anche morale, il buio comincia a minacciare il futuro.
Ebbene, l'Italia di oggi si trova esattamente in un tale pericoloso incrocio della storia. Ma nella classe politica non tutti ancora sembrano averne piena coscienza.
Solo dopo la prima guerra mondiale si determinò una situazione simile. Le "tre crisi", sociale, politica e morale, combinarono la loro aggressione al sistema. E gli effetti sono purtroppo noti. Oggi non può certo finire come cent'anno fa: non abbiamo alle spalle una guerra, la società italiana è cento volte più forte e matura di allora. Ma ciò non rende più leggera la realtà: il rischio di un declino della nostra nazione e della sua democrazia aleggia comunque davanti al nostro futuro.
Anche due decenni fa, a metà degli anni Novanta, crollò un sistema politico forte e sperimentato. La crisi istituzionale e l'impotenza della classe dirigente crearono i presupposti di una rivolta degli italiani e l'emergere della necessità di una grande modernizzazione del sistema. In pochi mesi sulla sarebbe stato più come prima.
Ebbene, se l'Italia di oggi corre meno rischi di quella degli anni Venti, altrettanto certamente si trova in una situazione più grave di quella maturata con la fine della Prima Repubblica. Negli anni Novanta avanzava l'alba dell'Europa, oggi si combatte per evitarne il tramonto. Il Paese allora era assai appesantito, eppure non c'era all'orizzonte il concreto rischio del declino. Nella rivolta popolare di quegli anni viveva la speranza di una nuova modernità politica. L'indignazione a quel tempo era anche sogno. Oggi prevalgono invece solo paura e rabbia. Insomma: ieri era di scena la fine ingloriosa della Prima Repubblica. Oggi a quel fallimento, si aggiunge il crack della Seconda: e niente è più velenoso di una speranza tradita. Vent'anni dopo quel "sogno di rinnovamento", l'Italia si è svegliata prigioniera di un incubo.
Noi li abbiamo avvertiti: non ci hanno ascoltato.
E' sempre antipatico esibire le proprie ragioni. Ma in questo caso lo faccio perché sono le ragioni del Paese.
Nel 2008, tre anni fa, cominciando la nostra solitaria e rischiosa traversata nel deserto, abbiamo lanciato l'allarme: la Seconda Repubblica è fallita. Questo bipolarismo selvaggio, costruito per vincere ma non per governare, porterà l'Italia al collasso. Hanno risposto con un sorriso di sufficienza. E oggi l'Italia è al collasso.
Nel 2009 abbiamo indicato la via d'uscita: un governo di responsabilità nazionale. Hanno risposto con le solite offerte di qualche poltrona di governo. Evidentemente, abituati a comprare, non avevano messo in conto che non tutti nella politica italiana sono in vendita!
E oggi, oggi non ce n'è uno che non capisca che abbiamo ancora una volta ragione: che solo una nuova grande stagione di seria coesione tra tutti i partiti può salvare l'Italia e restituire dignità alla politica. Ma nella maggioranza nessuno si muove. Nessuno ha il coraggio di gettare il cuore oltre l'ostacolo. Sono tutti paralizzati soltanto dall'ombra di Berlusconi che è come un tappo su una pentola che sta per esplodere.
E mi domando: quale cocciutaggine antinazionale tiene legato alla poltrona di Palazzo Chigi un leader che proclamava di volere il bene dell'Italia? La verità è che la grandezza di un uomo si dimostra davvero soltanto se capisce quando è arrivato il momento di uscire di scena.
Eppure sono bastati tre giorni di intesa, soltanto sui tempi, non cui contenuti della manovra per cambiare il clima del Paese. Ma si è trattato di un piccolissimo accenno di consapevolezza, soprattutto da parte delle opposizioni, favorita dal ruolo di un grande presidente, Giorgio Napolitano. Cos'altro deve succedere per ottenere dalla classe politica uno scatto d'orgoglio, di responsabilità, di primato dell'interesse nazionale? E' stata una rondine. Non so se farà primavera. Ma so che per salvarci deve davvero cominciare una nuova primavera italiana. Una stagione di unità nazionale per preparare il nostro riscatto.
L'Italia va ricostruita, ma nessuna delle due principali coalizioni è in grado di governare il tempo della ricostruzione. Per un semplicissimo motivo: occorre mettere in campo musure impopolari di contenimento del debito e investimenti per la crescita tali da richiedere un consenso assai più largo di ciò che la miseria di questo bipolarismo consente. E' una soluzione inevitabile.
Ci sono stati altri momenti difficili nella nostra storia nei quali il nostro Paese ha trovato la forza, unendosi, di superare ogni ostacolo. Il tempo magico della ricostruzione, gli anni di piombo della lotta al terrorismo, lo sforzo decisivo per entrare nell'Euro. Ritroviamo il passo di quelle stagioni, delle nostre migliori stagioni! Oggi siamo un popolo diviso, ma quando marciamo uniti verso un traguardo, è difficile che lo manchiamo. Bisogna solo accendere la miccia di un nuovo grande tempo di coesione nazionale.
L'Europa è sotto attacco. Facciamo fatica a mantenere i livelli e gli stili di vita raggiunti nel XX secolo: stiamo tornando indietro. Con la moneta unica abbiamo fatto un passo importante e voglio ricordare il ruolo fondamentale della nostra cultura, quella democratica cristiana, nella costruzione dell'Europa unita. I fatti ci dicono che quel passo non basta, che ci vuole più coraggio. Siamo a metà di un guado: oggi dobbiamo completare il percorso con l'emissione di titoli europei che proteggano i singoli Paesi e aiutino gli investimenti comuni, fino ad arrivare a politiche fiscali condivise. Siamo orgogliosi che anche partiti come la Lega, che fino a ieri contestavano il processo comunitario e chiedevano dazi doganali, oggi lo invochino a gran voce.
In questo scenario, l'Italia rischia più degli altri Paesi europei. E' vero, è in atto una speculazione internazionale contro l'Euro, contro l'Europa, ma i fatti di questi giorni che lo dimostrano: noi soffriamo più degli altri. Sicuramente abbiamo deficit strutturali che ci derivano dal passato, come un debito pubblico fra i più alti del Mondo e la bassa crescita. Ma è fuori dubbio che negli ultimi cinque anni la politica economica, prima del centrosinistra e poi del centrodestra, non ha saputo dare risposte adeguate.
I mercati oggi chiedono trasparenza, chiarezza e affidabilità. Il contrario di quello che proclama questo Governo: "la ripresa è incominciata", "abbiamo superato la crisi", "il peggio è alle nostra spalle". Non è un caso se noi oggi parliamo di serietà e verità.
La serietà richiede di abbandonare la politica degli spot e delle promesse mancate. Ripensare a certe promesse di alcune settimane fa circa l'abbassamento delle tasse e l'introduzione del quoziente familiare fa sorridere, ma non fa bene al Paese.
E' l'ora delle scelte impopolare, quelle scelte che nel breve periodo forse fanno perdere consenso a chi le compie, ma che sono indispensabili per il Paese. Non averle fatte in questi tra anni di legislatura ci ha portati a dover fare una finanziaria iniqua, ingiusta e che, come dimostrano i fatti, rischia di servire a ben poco.
Iniqua: perché con i ticket sanitari, con la mancata rivalutazione delle pensioni, con l'aumento delle accise sulla benzina, con i tagli agli enti locali, con l'imposta di bollo sui depositi titoli finisce per colpire i soliti noti: le famiglie con figli e con reddito medio-basso e i pensionati. Si salvano gli evasori e gli speculatori. Una patrimoniale c'è già ma non è certo verso i grandi capitali!
Ingiusta: perché aumenta il divario fra regioni povere e regioni ricche e perché furbescamente rimanda gran parte degli interventi al 2013-2014, guarda caso proprio dopo le prossime elezioni. Gli italiani non sono stupidi. Il SUD è abbandonato! E il NORD non chiede la burocrazia dei ministeri ma meno burocrazia per tutti!
Dicevamo, è il momento delle scelte. L'Italia non può restare ancora a lungo la lumaca europea in termini di crescita e sviluppo.
Non possiamo più andare avanti come in questi anni a colpi di tagli lineari. Bisogna ridurre la spesa selettivamente, riorganizzare lo Stato e fare riforme liberali.
L'avevamo detto, unici in Parlamento votando contro il federalismo fiscale. Non perché fossimo contro il federalismo, ma perché siamo convinti che prima di parlare di fiscalità federale bisogna costruire uno Stato federale, uno Stato cioè più leggero, che limiti anche i suoi ambiti di intervento. Per questo riteniamo indispensabile una riforma dell'architettura istituzionale, che preveda una sola Camera con meno parlamentari, l'abolizione delle province, la fusione dei piccoli comuni, meno Stato e più sussidiarietà. Alla Lega diciamo che siamo pronti a parlare di federalismo, ma solo quando vorrà fare sul serio. Gli SPOT non servono, come sanno bene gli stessi amministratori del NORD!
Dobbiamo liberare il Paese dal corporativismo, a incominciare dalle professioni fino ai servizi pubblici locali. Non ci piacciono i riformisti a giorni alterno come una certa sinistra, che un giorno parla di liberalizzazioni e il giorno dopo sostiene i referendum sull'acqua pubblica, uno straordinario aiuto a quel "pubblico" inefficiente e pasticcione che rende la nostra rete idrica la più malandata d'Europa!
Una riforma del mercato del lavoro che abbandoni la cultura vetero-sindacale diffusa per anni in questo Paese che ha finito per garantire i già garantiti. Di questa cultura oggi ne fanno le spese i giovani e le donne. Non possiamo permetterci di non dare speranze ai nostri figli. Non gli possiamo promettere un lavoro a tempo indeterminato come molti della mia generazioni hanno avuto. Dobbiamo però trasformare il precariato in un lavoro anche a tempo determinato, ma che sia degno di questo nome, cioè con degli ammortizzatori sociali che li accompagnino nel loro excursus lavorativo verso nuove opportunità, con corsi di formazione, o che li sostengano nei periodi di possibile disoccupazione. Alle donne dobbiamo garantire più pari opportunità nel lavoro, anche attraverso un rafforzamento dei servizi alla famiglia.
Una riforma fiscale ben diversa da quella che ha in mente il Governo. Non ci interessa il gioco delle tre carte: "togliamo un pò al lavoro", "mettiamo un pò sui consumi". Lo facciano pure, ma una cosa deve essere chiara: noi vogliamo il fattore famiglia. Vogliamo premiare le famiglie con figli, abbiamo aspettato anche troppo.
Figli - indipendentemente dallo stato di famiglia tutti i bambini sono eguali e devono aver accesso ai servizi, bianchi e neri! Figli regolari e non!
Un Governo di unità nazionale dunque: era questa ieri la nostra proposta, lo è oggi, lo sarà quando si andrà a votare. E il Terzo Polo sarà forza decisiva per il prossimo governo della Repubblica.
L'arrogante autosufficienza della maggioranza a questo punto non è più solo un problema politico, è un problema finanziario: perché ogni giorno che passa senza dar vita al "grande piano della crescita" di cui l'Italia ha bisogno significa buttare soldi al vento. Continuando così ci mangiamo il futuro.
La casa sta bruciando, ma molti scherzano ancora con il fuoco. Prendetevi pure questa responsabilità, se volete. Ma noi certo non vi faremo alcuno sconto. Perché è in gioco il destino della nazione. 
Noi non abbiamo mai condiviso l'attacco qualunquista alla politica, eccitato oggi dagli organi di informazione legati al Cavaliere che intendono far passare il messaggio che i politici sono tutti colpevoli alla stessa maniera. Troppo comodo. Lo ripeto: c'è chi compra e chi si vende. E in questa sala ci sono solo persone che non si sono vendute, che hanno risposto no a diktat autoritari, che hanno lasciati posti più comodi pur di tenere fede alle proprie idee, che hanno subito linciaggi mediatici perché hanno cantato fuori dal coro!
Noi non abbiamo mai condiviso l'attacco qualunquista alla politica: perché la politica non è fatta solo di clientes e di soubrettes ma anche di brave persone che ogni giorno, sul territorio come a Roma, lavorano per il bene comune.
Ma guardiamoci negli occhi cari amici: li meritiamo davvero i soldi che guadagniamo?
S'è mai vista un classe politica, di destra come di sinistra, che non riesce in tanti anni a levar via i rifiuti dalle strade di Napoli?
S'è mai vista una classe politica così inquinata da uomini d'affari e faccendieri?
Si è affossata nel discredito la Prima Repubblica ma ci sarà pure una differenza tra voler finanziare il proprio partito e smaniare per un rolex o una Ferrari.
Dopo il voto di mercoledi si sono levate molte polemiche.
E' stata una pagina triste nella vita del Parlamento ma noi non abbiamo da fornire altre prove: siamo garantisti e non lo siamo ad intermittenza.
Chi è in questa sala ha più volte riconosciuto un accanimento giudiziario contro Berlusconi ma al Presidente del Consiglio ed a tutti gli italiani voglio ricordare che un conto è il garantismo, un conto è l'idea di impunità, un conto è il rispetto di tutte le persone da ritenere innocenti fino ad una condanna definitiva, un conto è l'idea che ci sia una persecuzione generalizzata verso tutto e verso tutti. Troppo comodo. L'impunità per tutti è ciò che toglie ogni credibilità al garantismo anzi ne è la tomba.
D'altronde non è un caso se queste cose si è ritenuti in dovere di dirle Alfano, insediandosi alla segreteria politica del PdL.
E' vero, c'è uno squilibrio tra potere legislativo e potere giudiziario ma non siamo certo noi a dover rispondere delle mancate riforme che erano state promesse in questo settore a partire da quella, sacrosanta, sulle intercettazioni che si è arenata in Parlamento perché di voleva costruire in modo squilibrato e vendicativo.
Il Capo dello Stato ci ha spiegato ieri come si deve fare una seria riforma della giustizia se non si fossero rincorse affannosamente le inutili e tante leggi ad personam.
Credo che ormai si possa dire con tranquillità: si è voluta affossare nel discredito la Prima Repubblica. Ma oggi di fronte a una inquietante decadenza della politica figure come quella di Amintore Fanfani o di Ugo La Malfa, di Enrico Berlinguer o di Giorgio Almirante, o come quella di Remo Gaspari che abbiamo ieri salutato a Chieti, si stagliano come stelle a illuminare un deserto.
Noi siamo perché nella società prevalga il merito: e dobbiamo avere la forza di riconoscere che in questi ultimi anni il merito è stato fatto fuori dalla politica. Perciò, a maggior ragione, se chiediamo sacrifici agli italiani dobbiamo essere i primi a saperli dare, a dare il buon esempio.
Lo ha detto bene Adornato nella sua introduzione: noi siamo contro l'antipolitica. Ma contro tutta l'antipolitica: quella di piazza dei demagoghi e quella di palazzo di chi ha devastato la politica con la corruzione e l'arroganza.
Non difenderemo perciò alcuna casta. Quelle della politica, ma neanche quelle che assaltano la politica, non per migliorarla ma per ucciderla, magari dopo essersi spartiti stock-options miliardarie che sono un insulto agli operai che lavorano alla catena di montaggio!
In questi anni abbiamo assistito allo spettacolo di gladiatori urlanti gli uni contro gli altri, al senso di lacerazione che un bipolarismo primordiale ha indotto tra i partiti e tra gli italiani. La ragione del proprio schieramento veniva sempre prima della ragione comune, persino del buon senso.
Perciò ci siamo uniti nel Terzo Polo. Per andare oltre l'insensata guerra tra berlusconismo e antiberlusconismo. Per fare in modo che, a differenza degli anni Novanta, la politica sia in grado di proporre una chiara via politica di uscita dalla crisi di sistema, che non ci fosse più bisogno di uomini della Provvidenza, di uomini soli al comando.
Ormai siamo riusciti a far capire agli italiani il grande inganno del nostro bipolarismo. Ma nella politica italiana c'è ancora chi si è tappato gli occhi. Chi continua a immaginare leggi elettorali pensate per continuare a imporre in modo coatto due coalizioni. Sono come i giapponesi che continuano a combattere una guerra già finita. Sveglia ragazzi, c'è un limita all'autolesionismo. Ma dove avete vissuto in questi anni?
Tutti crediamo nella democrazia dell'alternanza e nella sovranità del cittadino-elettore. Ma in nessuna terra ispirata dal costituzionalismo liberale chi vince diventa il padrone del Paese e chi perde, un nemico da piegare. Dunque, per salvare l'Italia occorre andare oltre questo bipolarismo.
E oltre il berlusconismo. Che ne è stato, nell'ultimo ventennio, il filo conduttore. Esso ha significato per molti italiani la speranza di una modernizzazione del Paese. Ora l'illusione è caduta: tutti i più importanti progetti dell'era berlusconiana, la rivoluzione liberale, la riduzione fiscale, la modernizzazione delle infrastrutture, la centralità della piccola e media impresa, il primato del merito, si sono eclissati come stelle cadenti.
Ma il berlusconismo ha avuto il suo pendant nell'antiberlusconismo. Perciò ci sentiamo di mettere in guardia il Pd dall'illusione di accomodarsi, con prematura euforia, alla guida di una nuova "gioiosa macchina da guerra". Il recente voto, infatti, non ha in nessun modo sciolto l'eterno nodo di Gordio della sinistra: quello tra riformismo e antagonismo. Anzi, per certi aspetti, come in molti hanno osservato, l'ha reso più acuto. Il Pd è certamente indispensabile per salvare l'Italia. Ma se insiste nell'immaginare "coalizioni bipolari", vuol dire che persevera nello stesso errore degli ultimi decenni. Gli Ulivi, vecchi e nuovi che siano, non producono riforme e governo, ma solo paralisi.
Perciò mi rivolto insieme al PdL e al Pd: volete o no prendere finalmente atto che la crisi è di sistema, che l'idea di alleanze costruite solo per vincere, poi non fanno governare?
Cari amici, quello del Terzo Polo è l'unico progetto politico in campo, perché il PdL è arroccato nelle sue fragili barricate e il Pd gioca di rimessa.
Ricapitoliamo allora:
Un governo di unità nazionale per salvare l'Italia. Cinque anni per difendere e rinnovare un Paese che è stato lacerato.
Una nuova "agenda per la crescita". L'obiettivo di tutti deve essere quello di tornare ad essere, entro il 2020, una delle prime potenze d'Europa. Non è facile: ma l'Italia ha le energie per farcela.
L'unità nazionale può infine permettere una cosa fin qui mai riuscita: l'avvio di una fase costituente.
Non sfugge che l'insieme di questo progetto significa una radicale svolta nella storia repubblicana. Perciò la nostra sfida è chiara: per quello che valgano i nomi, è il tempo di dar vita ad una Terza Repubblica! Non so se la Seconda sia mai cominciata ma la svolta politica di cui ha bisogno l'Italia è ormai davvero storica.
Terza Repubblica vuol dire cambiare nel profondo i luoghi comuni che ci hanno accompagnato in questi ultimi decenni. Vuol dire anche uscire dalla dittatura della volgarità e della superficialità politica. Deve cambiare tutto, anche le parole. Dobbiamo far nostro e rendere vincente persino un nuovo vocabolario. Saper imporre nuove parole-chiave al discorso politico.
1) VERITA'
La Seconda Repubblica ha trattato l'italiano come un consumatore, persuadibile attraverso il meccanismo pubblicitario. La politica del fare era solo la politica del dire. L'ottimismo di facciata un eccesso di zucchero per nascondere il sale. In questi anni nessuno ha mai raccontato la verità agli italiani: finché la crisi non ha invaso le nostre case.
2) SERIETA'
La visibilità mediatica è diventato l'unico obiettivo della politica. Pronta anche, pur di ottenerla, ad abbandonare razionalità e decoro. Il teatrino ha restituito l'immagine di una sorta di guerra dei bottoni: l'infantilismo al potere. Recuperare serietà e dignità è dunque essenziale per la politica della nuova Italia.
3) SOBRIETA'
Se i politici della prima repubblica sono stati descritti come "mandarini", feudatari quasi cinesi, nella Seconda il politico si è uniformato al "modello Vanzina". Miliardari o generoni senza alcuna vergogna di esibire pubblicamente i loro vizi.
4) BENE COMUNE
Abbiamo dimenticato che tutto ciò che abbiamo, dalla vita alla natura, è un dono che siamo chiamati a gestire condividendone la "proprietà". E che scopo della politica è quello di "servire" il bene comune, di incrementare il benessere di tutti, non di alcuni.
5) INTERESSE NAZIONALE
Tra le favole di una globalizzazione che avrebbe fatto perdere il concetto nazionale e le incompiutezze di un'Europa che non è ancora diventata una patria comune, si è finito per credere che non esistesse più un "interesse nazionale".

...due parole sulla POLITICA ESTERA
Siamo passati dalle genuflessioni a Gheddafi e la convinzione che fosse un leader amato dal suo popolo ad una partecipazione perplessa alle operazioni militari. Un "vorrei ma non posso" imbarazzato ed imbarazzante.
In qualche mese siamo passati dalla esibizione delle frecce tricolori sul cielo di Tripoli alla partecipazione ai bombardamenti sulla casa di Gheddafi.
Un Paese serio pondera bene le sue decisioni, le difende nelle sedi internazionali, le sostiene con i comportamenti.
Per amore di Patria e per solidarietà nei confronti dei militari italiani che rischiano la vita ogni giorno nelle Missioni di pace, rivolgo una preghiera: smettiamola di utilizzare la parte migliore del nostro Paese per le beghe di partito, come anche in queste ore al Senato ha fatto la Lega!
Ciò che proponiamo è una rivoluzione copernicana della politica italiana e anche della società civile. Dopo anni di individualismo, solo il tornare a pensare con la categoria del "noi", dell'insieme, rappresenta un cambiamento epocale, può allontanarci dal burrone e farci riprendere a camminare.

Cari amici, 
abbiamo storie diverse ed abbiamo fatto percorsi diversi. In questi venti anni spesso abbiamo collaborato e non poche volte ci siamo trovati su fronti contrapposti. Ma poi ci siamo ritrovati lungo la strada della passione politica e dell'amore per l'Italia.
Oggi sta a noi la responsabilità non solo di avere ragione ma di farcela riconoscere dal nostro popolo; oggi sta a noi la capacità di radicare questo Terzo Polo fuori dal recinto della politica ma coinvolgendo quelle espressioni straordinarie della società civile che senza tatticismi sentono la chiamata per raddrizzare il Paese.
La nostra missione è semplice e chiara: riunificare l'Italia, ricostruire, pacificare destra e sinistra, nord e sud, giovani e anziani, donne e uomini, lavoratori dipendenti e liberi professionisti, politica e società civile.
Amici, l'illusione è finita.
Narra un vecchio racconto che un giovane rabbino si affannava con tutte le sue forze ad essere sempre il migliore. Un giorno un vecchio rabbino lo avvicinò e gli disse: "Quando ti presenterai davanti a Dio, l'Eterno non ti domanderà perché non sei stato Mosè, ma ti chiederà perché non sei stato te stesso". Siamo chiamati solo e semplicemente ad essere noi stessi, ad assumerci le nostre responsabilità, con coraggio e dignità!
Viva l'Italia!